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 04-09-2008 [Italia]
Il " pacchetto sicurezza" presentato dal governo italiano

È stato presentato dall’esecutivo italiano il c.d. “pacchetto sicurezza”, blocco normativo costituito da un decreto legge ( già entrato in vigore il 26 maggio 2008), un disegno di legge e tre decreti legislativi ( ancora all’esame legislativo), recanti misure in materia di sicurezza pubblica. Al “pacchetto” è stato collegato anche un secondo disegno di legge che prevede l’adesione dell’Italia al Trattato di Prum che disciplina la costituzione di una banca dati del DNA.
Nel “ pacchetto” sono presenti, tra l’altro, norme in materia di immigrazione che vanno a modificare la disciplina esistente nel codici penale e in quello di procedura penale.
L’intervento normativo ha la finalità di combattere l’immigrazione clandestina, anche nei confronti dei cittadini comunitari, e contempla l’ampliamento dei casi in cui può essere disposta dal giudice l’espulsione o l’allontanamento dal territorio italiano in caso di condanna penale.
La novità più “pubblicizzata” è sicuramente quella relativa all’introduzione nel nostro sistema normativo del c.d. reato di clandestinità; che inizialmente doveva essere inserito già nel decreto legge per assicurarne l’immediata applicazione ma che, successivamente, è stato collocato nel disegno di legge approvato dal Consiglio dei Ministri del 21 maggio e in attesa di attenta analisi da parte del Parlamento.
L’ipotesi normativa prevede la sanzione della reclusione da sei mesi a quattro anni e - quale misura cautelare - l’arresto obbligatorio e il giudizio per direttissima che porta, in caso di condanna, all’espulsione da parte del giudice.
La rubrica scelta per tale ipotesi è “ ingresso illegale nel territorio dello Stato”.
Questa nuova tipizzazione pone, però, non pochi problemi dal punto di vista sistematico in quanto non si concretizza in una condotta caratterizzata da un grado di offensività ma in uno status frutto di una mera valutazione giuridica che colpisce i soggetti in modo indifferenziato, equiparando coloro che sono entrati clandestinamente, coloro che hanno violato gli ordini di espulsione e quelli che non hanno rinnovato il permesso di soggiorno.
Nel decreto legge si prevede “ l’aggravante della clandestinità”, con l’introduzione del comma 11 bis nell’articolo 61 c.p. “ se il fatto è commesso da soggetto che si trovi illegalmente sul territorio nazionale”.
Siffatta aggravante prevede l’innalzamento della pena fino ad un terzo ( nelle bozze del decreto legge l’iniziale intenzione del legislatore era di rendere più gravosa questa circostanza aggravante prevedendo l’innalzamento della pena “ di un terzo” e il divieto di bilanciamento con le circostanze attenuanti).
Sempre nella logica dell’eliminazione delle condotte che favoriscono la permanenza di soggetti irregolari si pone la disposizione a modifica della legge n° 286 del 1998.
L’articolo 4 del decreto legge, infatti, punisce con la reclusione da sei mesi a quattro anni la cessione a titolo oneroso di un immobile a chi si trovi in stato di clandestinità, a tale sanzione si aggiunge altresì la confisca dell’immobile stesso.
L’articolo 1 del decreto legge contiene ulteriori interventi in tema di immigrazione illegale con riferimento all’espulsione dello straniero dallo Stato e introduce la sanzione dell’allontanamento del cittadino comunitario.
Si è previsto che l’ordine di espulsione o di allontanamento sia impartito dal giudice già nel caso di condanna alla reclusione per un tempo superiore a due anni e non, come previsto prima, per condanne superiori a dieci anni.
Gli artt. 235 e 312 c.p. hanno visto aggiungere dal decreto legge il seguente ultimo comma “ Il trasgressore dell’ordine di espulsione od allontanamento pronunciato dal giudice è punito con la reclusione da uno a quattro anni”; va detto però che la violazione dell’ordine di espulsione così come formulato risulta solo un’esplicitazione del precedente rinvio “ alle sanzioni stabilite dalle legge di pubblica sicurezza per il caso di contravvenzione all’ordine di espulsione dall’autorità amministrativa” e cioè alle norme del D Lgs. 286 del 1998.
Un giro di vite è stato – quindi - introdotto solo per l’allontanamento del cittadino comunitario dato che il D. Lgs. 30 del 2007 contemplava previsioni più miti.

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